Con sentenza del 5 novembre 2015 La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 26 del decreto legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dall’articolo 1, comma 1, della legge n. 214 del 2011. Tale articolo ha disposto, con effetto immediato, la prescrizione anticipata delle lire ancora in circolazione, stabilendo che il relativo controvalore fosse versato all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, quando erano trascorsi nove anni e nove mesi dalla cessazione del corso legale della lira, e non dieci anni, come invece prescriveva la legislazione precedente.
Il fatto che al momento dell’entrata in vigore della disposizione censurata fossero già trascorsi nove anni e nove mesi circa dalla cessazione del corso legale della lira non è stato ritenuto dalla Corte Costituzionale idoneo a giustificare il sacrificio della posizione di coloro che, confidando nella perdurante pendenza del termine originariamente fissato dalla legge, non avevano ancora esercitato il diritto di conversione in euro delle banconote in lire possedute. Pertanto la Consulta, con la sentenza 5 novembre 2015 n. 216, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, ha ripristinato la possibilità di esercitare tale diritto, che era stato illegittimamente compresso.
La Banca d’Italia invece, dalla data di pronuncia di detta sentenza, e ingiustamente violando il principio giuridico in essa contenuto, ha omesso di effettuare la conversione chiesta da chi ne aveva interesse, procrastinando un atto certamente dovuto ai sensi del sistema normativo quale risultante dalla pronuncia di incostituzionalità, pretestuosamente adducendo di dovere adottare determinazioni circa le modalità di espletamento della obbligazione, il cui adempimento è invece di lapalissiana semplicità e consiste nella semplice consegna, al portatore delle lire, dell’equivalente di esse in euro.
Con determinazione del 21 gennaio 2016, poi, la Banca d’Italia, di nuovo travalicando il sistema normativo, e di nuovo violando il principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, ha incredibilmente limitato l’esercizio del diritto, riconoscendolo solo a chi sia in grado di documentare di aver richiesto la conversione delle lire nel periodo compreso tra il 6-12-2011 e il 28-2-2012, così assurdamente privilegiando la tutela di chi, in spregio alla modifica di legge, avesse proposto istanza quando essa non era consentita e mortificando, invece, il comportamento di chi, ossequiente alla legge, si era attenuto alle disposizioni normative.
Il provvedimento della Banca d’Italia è peraltro privo di motivazione, almeno nel testo riportato on line sul sito ufficiale della Banca d’Italia, sicché gli interessati non sono in grado neppure di conoscere i presupposti di fatto e di diritto (qualora esistessero) posti alla base di tale decisione.
Il presidente di NOI CONSUMATORI, avvocato Angelo Pisani, chiede che il Ministero dell’Economia, o la Banca d’Italia stessa, in sede di autotutela, vogliano modificare il provvedimento, restaurando il diritto violato così come è loro dovere in ossequio alla sentenza della Corte Costituzionale.