Perché continua la persecuzione del fisco italiano a Diego Armando Maradona, spintasi al punto da colpire anche l’avvocato del campione, “reo” di esercitare il diritto di difesa e di aver già dimostrato che il Pibe non è mai stato un evasore? Se lo chiedono tanti lettori dopo aver appreso oggi dai quotidiani che sia il campione, sia il suo difensore Angelo Pisani risultano indagati dalla Procura di Cassino, con avviso di conclusione indagini, per presunta diffamazione di Equitalia.
Eppure, come sanno i dirigenti di Equitalia, il 16 marzo 2015, dopo le precedenti sentenze tributarie e quella penale di archiviazione del 1994, anche il giudice relatore della Commissione Tributaria di Napoli Fausto Izzo ha emesso una sentenza con cui nel merito riconosce l’estraneità di Maradona agli addebiti del fisco, annullando i 34 milioni di interessi e more della cartella ed inoltre abilitandolo, in caso di altre azioni esecutive in suo danno, alla facoltà di chiedere il risarcimento danni. Tanto che l’11 ottobre prossimo dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania si terrà la prima udienza dell’appello promosso da Equitalia contro quel provvedimento, tuttora esecutivo, senza che alcuna istituzione abbia finora sentito il dovere di chiarire questa palese ingiustizia.
Nessuna diffamazione, dunque, a meno che non si voglia sottrarre al cittadino-contribuente il diritto di difendersi da una persecuzione, anche mediatica, durata vent’anni e per un tempo altrettanto lungo, come si vede ancora oggi, enfatizzata dai media mondiali. Con gravissimi danni, anche d’immagine, per chi la subisce.
«Con la sentenza del giudice Izzo – osserva l’avvocato Angelo Pisani – ci auguravamo che almeno il tritacarne mediatico fosse terminato e che l’Italia, dove tutti sanno che sostanzialmente Maradona è innocente, potesse evitare l’ennesima brutta figura sotto i riflettori internazionali. Questo provvedimento punitivo richiesto da Equitalia alla Procura di Cassino va esattamente nella direzione opposta».
«Difenderemo l’innocenza e l’onore del campione – conclude Pisani – e ovviamente anche la nostra, in tutte le sedi, compresa quella di Cassino, nel caso in cui fosse ritenuto necessario processare un contribuente e il suo avvocato per essersi difesi da aggressioni del fisco che sono state considerate ingiuste non solo dinanzi alla Commissione Tributaria, ma precedentemente anche in sede penale. Siamo fiduciosi comunque che ciò non debba accadere».