Sulle modalità di pagamento della prima rata dell’Imu, il prossimo 18 giugno, sta per arrivare la precisazione del governo: visto che la maggior parte dei Comuni non hanno ancora preso una decisione ufficiale sulle proprie aliquote il pagamento potrà essere effettuato sulla base delle aliquote standard fissate a livello nazionale; le eventuali (e nella maggior parte dei casi probabili) maggiorazioni andranno poi a scaricarsi sul saldo di dicembre.
La decisione, che dovrebbe essere formalizzata già oggi o domani con un emendamento al decreto fiscale, fa seguito all’allarme lanciato dai Caf, i centri che aiutano i contribuenti a compilare le dichiarazioni. In una lettera indirizzata al sottosegretario all’Economia Ceriani, la Consulta che li raggruppa aveva espresso «preoccupazione e disagio» per l’incertezza che si è creata, dopo che proprio nel decreto fiscale era stato fissato un nuovo termine, il 30 settembre per la deliberazione delle aliquote.
La difficoltà lamentata dai Caf, strutture di emanazione sindacale o associativa che per le loro attività percepiscono un corrispettivo dallo Stato, si riferisce alla prossima scadenza per la presentazione del 730, precedente a quella per l’Imu: è abitudine di molti lavoratori e pensionati che si fanno assistere sbrigare nella stessa occasione la dichiarazione dei redditi e il versamento dell’Ici, che da quest’anno è diventata Imu e a differenza degli anni scorsi riguarda anche l’abitazione principale. Il timore è che gli interessati, in assenza di elementi certi in materia di imposta sugli immobili, debbano ripresentarsi una seconda volta proprio nel momento di massimo impegno per il Caf, con conseguenti file e disagi.
Due le soluzioni proposte dal presidente della Consulta dei Caf Valeriano Canepari: o il rinvio della scadenza di giugno, oppure l’adozione in forma ufficiale della possibilità di pagamento provvisorio. E il governo ha optato per questa seconda via. Praticamente i cittadini verserebbero la rata di acconto, teoricamente fissata al 50 per cento del dovuto, sulla base delle aliquote scelte dall’esecutivo con il decreto salva-Italia: 4 per mille sull’abitazione principale, 7,6 per mille sugli altri immobili. In entrambi i casi l’aliquota verrebbe applicata sulla rendita catastale rivalutata con un moltiplicatore pari a 160 (invece che il 100 dell’Ici). Nel caso dell’abitazione principale spetta però una detrazione di 200 euro, aumentata di 50 per ciascun figlio.
I Comuni nel frattempo decideranno se incrementare le due aliquote, stabilendo eventualmente nel caso di quella generale anche una diversa gradazione per gli immobili affittati e quelli tenuti a disposizione sfitti. A quel punto l’incremento per il cittadino andrà a pesare sul pagamento di dicembre. Il nodo delle modalità di versamento dell’imposta si aggiunge agli altri in materia di Imu che sono stati almeno in parte affrontati nel decreto fiscale: dal trattamento degli immobili agricoli a quelli di proprietà degli stessi Comuni, che si troverebbero anche nella veste di contribuenti allo Stato oltre che di «esattori» del tributo».