Con ordinanza in data 14/06/2011, il Tribunale del riesame di Potenza annullava l’ordinanza con la quale, in data 10/05/2011, il g.i.p. del Tribunale di Lagonegro aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di G.A. indagato dei reati di cui agli artt. 416 e 648 bis c.p. Il tribunale, da una parte, riteneva che la gravità indiziaria non sussistesse in ordine al reato associativo, e, dall’altra, rilevava che non sussisteva alcuna esigenza cautelare relativamente al reato di riciclaggio per il quale, invece, confermava la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo dei propri difensori, ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 648 bis c.p. sotto i seguenti profili:
- non sarebbe configurarle l’elemento oggettivo della sostituzione, trasferimento o altra operazione in quanto il ricorrente, a fronte degli assegni emessi dalle società M. e M., consegnatigli dall’amministratore M., si era limitato a monetizzarli, versandoli sul proprio conto corrente, per poi restituire il contante al M.. Così operando, il G. si sarebbe reso responsabile solo del concorso nel delitto di appropriazione indebita consumato dal M. ai danni delle società dal medesimo amministrate, e, comunque, non avrebbe creato alcun ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del denaro. Inoltre, dal novero dei delitti presupposto del reato di riciclaggio, sarebbero esclusi quei delitti che “non determinano un accrescimento ma soltanto un non impoverimento del patrimonio, limitandosi ad impedire la perdita, ancorchè giusta, di un bene legittimamente posseduto. In particolare, non possono essere oggetto di riciclaggio le somme il cui esborso sia stato evitato con una frode fiscale, anche perchè requisito ontologico dell’oggetto riciclabile sarebbe la possibilità di identificarlo prima dell’operazione illecita. L’imposta evasa (risultato diverso dall’indebito rimborso che può essere riciclato da terzi) non può, dunque, essere considerata provento da delitto doloso, ma più semplicemente un risparmio d’imposta confuso nel patrimonio del contribuente”; – infine, non sarebbe configurabile neppure l’elemento psicologico del dolo eventuale dovendo l’agente del delitto in esame essere certo del reato presupposto e dovendo aver raggiunto un accordo con l’autore del medesimo: il che, nella fattispecie, non era stato provato.
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