LIBRO BIANCO/IL CASO JOHNNY
L’innocenza negata – Quando l’ideologia oscura il diritto di un minore italiano
Questa è l’incredibile vicenda, realmente accaduta, di un minore italiano esposto ad atti sessuali e pornografia dalla madre, poi abbandonato dallo Stato in terra straniera.
Johnny (nome di fantasia) nasce in Italia nel 2013 da padre bolognese, oggi 61 anni, e madre rumena (ne aveva 47 all’epoca dei fatti). Nel 2019 il padre del bambino scopre la relazione di lei con una coppia di amanti, che lui stesso conosceva per aver soggiornato talvolta in casa dei due, anche con il figlio. Immediata la reazione dell’uomo, che chiede l’affido esclusivo del bambino. Lei contrattacca con la classica denunzia per maltrattamenti e lesioni.
Nel corso della battaglia legale per l’affido spunta nel cellulare di lui, grazie a un’app installata per tutt’altri motivi, un’inquietante telefonata in cui le donne commentano divertite un video in cui il piccolo era imbarazzato per i giochi erotici cui era stato costretto dalla madre ad assistere e partecipare.
L’uomo si rivolge alla Procura di Bologna, esibendo la registrazione audio della telefonata fra la rumena e la sua amante, con le due donne che conversano allegramente parlando del video porno con il bambino.
Il papà di Johnny viene prosciolto da ogni accusa di maltrattamento. Il giudice stabilisce l’affidamento condiviso, ma si limita a vietare che il bimbo veda gli amanti della madre. Lei invece non ci pensa due volte e parte col minore per la Romania. Il padre cerca invano di ritrovarlo, specie dopo alcune preoccupanti telefonate col bambino, in cui si odono “suoni e gemiti maschili” nella sua cameretta, o un’altra, in cui gli dice angosciato di essere in vacanza in un posto isolato, ma di non potergli rivelare dove né con chi. Il padre scoprirà poi che si tratta della madre col solito amante.
In un primo tempo la donna era stata indagata, insieme ai due amanti, per atti sessuali con minore e pornografia minorile, ed aveva ricevuto l’avviso di fine indagine per sottrazione di minore e violazione del provvedimento del giudice che aveva stabilito l’affido condiviso del figlio.
Ma la dura verità è un’altra. Con ordinanza del 6 luglio 2024, il gip di Bologna Roberta Malavasi, pur riconoscendo che il bambino era stato costretto “a fare la visita medica alla mamma” e che la stessa, conversando con l’amica, commentava ridendo il video in cui raccontava che il piccolo “si stringeva di sotto” e chiedeva “non è che mi arriva la pipì?”, e pur scrivendo che «a lasciare perplessi, più che l’eccitazione del bambino, erano, da un lato, la disinibizione con cui questi toccava il corpo della mamma, dall’altra, la leggerezza con cui questa lo esponeva alla curiosità dell’amica», ha disposto l’archiviazione del processo a carico della donna, aggiungendo che, secondo la relazione tecnica, il bambino avrebbe “una buona relazione con la madre” e starebbe ancora subendo “sintomi dell’abuso emotivo da parte del padre”.
Il risultato? Jacopo, che oggi ha 12 anni, in Italia non è mai tornato. La madre ha potuto portarlo in Romania avendo ottenuto l’autorizzazione all’espatrio grazie alle accuse strumentali contro l’ex, rivelatesi infondate quando, purtroppo, il bimbo era già all’estero.
LE NUOVE INIZIATIVE LEGALI
«Il Tribunale di Bologna – osserva l’avvocato Angelo Pisani, cui si è rivolto il padre di Jacopo – ha emesso un’ordinanza che crea un precedente pericoloso, normalizzando l’abuso sotto il nome di “leggerezza”, laddove le prove audiovideo mostrano che si trattava di scambio di materiale pedopornografico mascherato da “gioco”».
«Tutta la vicenda – incalza poi il legale – è un pessimo ma palese esempio di come l’attivismo ideologicoabbia sostenuto una simile madre, dipingendo il padre come “oppressore”, per coprire condotte oggettivamente abusanti di lei. Peggio ancora la deriva di certi servizi sociali, con CTU che applicano teorie di “neutralità sessuale” precoce, violando la Convenzione di Lanzarote, che impone alla magistratura di perseguire chiunque esponga un minore ad atti sessuali».
«Nel caso di Jacopo – taglia corto Pisani – dobbiamo purtroppo affermare che la giustizia ha protetto un’agenda politica anziché un bambino, creando un precedente pericolosissimo».
Ma questa triste storia è anche la prova di come operi in molti tribunali italiani il Doppio Standard di Genere: basta domandarsi cosa sarebbe accaduto a parti invertite, con un padre sorpreso ad abusare della figlia o del figlio minore.
Fra le iniziative giudiziarie che sta mettendo in campo il 1523.it, fondato dall’avvocato Angelo Pisani a tutela delle vittime di violenza, la richiesta al Ministero della Giustizia di ispezione presso il Tribunale di Bologna, quella alla Farnesina di attivare un corridoio umanitario/giudiziario per il rientro del minore. Infine, sarà chiesta al Parlamento una Commissione d’Inchiesta sui criteri di archiviazione nei casi di abuso intra familiare simili a questo.

