Ad ascoltare numeri e statistiche c’era il ministro della Salute Renato Balduzzi che ha indicato come obiettivo prioritario «il superamento delle disuguaglianze e l’arretratezza di alcune aree. Da questo punto di vista, la Campania sta fornendo risposte adeguate». La strada, però, resta in salita. Nella regione si contano infatti 21mila nuovi casi all’anno di cancro, 12.300 vittime e una spesa di 362 milioni. Il profondo divario tra Nord e Sud è dovuto a molteplici cause. In cima alla lista figurano le condizioni socio-economiche del Meridione: «Dove c’è maggiore povertà – ha spiegato Giuseppe Costa, docente del dipartimento di Scienze cliniche e biologiche dell’Ateneo torinese – si concentrano anche le malattie».
L’aumento delle patologie tumorali è inoltre strettamente collegato alle condizioni ambientali, come rimarcato dai senatori Raffaele Calabrò e Vincenzo De Luca: basti pensare che degli oltre 5,5 milioni di persone che vivono in siti inquinati quasi il 50 per cento si trova nel Mezzogiorno. Un discorso simile riguarda l’inquinamento atmosferico che raggiunge i livelli massimi nelle aree metropolitane di Napoli e Roma nonché naturalmente nella pianura padana. E ancora ad accorciare la vita di uomini e donne del Sud sono fattori culturali come la scarsa prevenzione, la ridotta attività fisica, la percentuale di diabetici, l’obesità: su quest’ultima emergenza la Campania detiene il record negativo. L’immediata conseguenza di questa situazione è la mobilità passiva dei pazienti, che contribuisce ad aumentare le differenze tra una parte e l’altra dell’Italia: l’«esodo» massiccio si verifica in Molise, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. In controtendenza la Campania che, ha spiegato il governatore Stefano Caldoro, «negli ultimi due anni ha ridotto del 10 per cento la quota di ammalati che ha scelto altre regioni per curarsi». In particolare si sono ricoverati fuori regione soprattutto i residenti nel Mezzogiorno (136 per cento in più), i più istruiti (68 per cento in più) e quelli con maggiori possibilità economiche (21 per cento in più).
E allora, ha chiarito il ministro, è necessario correre ai ripari: «L’Italia ha grandi disuguaglianze che vanno colmate, anche intervenendo sugli sprechi. La discussione per il 2012 deve partire da qui, dove è più marcato questo problema che non può essere ridotto alla sola povertà di risorse». Secondo Balduzzi «la soluzione non deve essere più ospedale o più ospedali, ma un continuum tra sanità territoriale, politica sociale, ambiente, urbanistica e ordine pubblico».
Uno dei nemici da battere, ha osservato, è proprio la «portabilità coatta del diritto alla salute, dovuta soprattutto a problemi organizzativi»: «Quando i pazienti decidono di farsi curare lontano dal luogo di residenza penalizzano, oltre a se stessi, le tante eccellenze che lavorano nella sanità». Poi l’esponente del governo Monti ha sottolineato gli sforzi compiuti dalla Campania: «Sono sicuro che, quando tornerò in questa regione, riscontrerò un miglioramento». Una mano tesa, dunque, alla battaglia condotta da Caldoro e dagli altri governatori meridionali per il riequilibrio dei criteri del fondo sanitario nazionale. Proprio l’ex ministro socialista ha aggiunto: «I dati confermano che la nostra è una posizione seria. L’anno scorso ho conquistato 70 milioni di euro in più ma c’è ancora molto lavoro da fare per raggiungere la quota di 350 milioni che ci viene sottratta a causa di parametri sbagliati. Nonostante ciò, stiamo ottenendo risultati positivi, come ha riconosciuto Balduzzi».
In questa direzione il capogruppo regionale del Pd Giuseppe Russo ha invitato il governatore ad «attivarsi per promuovere una conferenza meridionale sulla salute allo scopo di avviare un urgente e produttivo confronto con l’esecutivo nazionale». Immediata la replica del presidente della commissione Bilancio, Massimo Grimaldi: «Caldoro ha sempre incoraggiato, nelle sedi opportune, il confronto sui grandi temi, determinante per migliorare le condizioni di vita dei cittadini meridionali».
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