Il danno esistenziale, indipendentemente dalla terminologia utilizzata, deve sempre essere preso in considerazione nella liquidazione del danno, ai fini della corretta personalizzazione del medesimo. Lo ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 16 febbraio 2012, n. 2228.
La prova di tale danno può essere data anche con presunzioni, con la conseguenza che il giudice deve ritenere provata la sofferenza inferiore e lo sconvolgimento dell’esistenza che anche per la madre ne derivano, dovendo, nella liquidazione del danno, tenere conto di entrambi i suddetti profili, ivi ricompresa la degenerazione della sofferenza interiore di quest’ultima come nella specie riverberantesi nella scelta di abbandonare il lavoro al fine di dedicarsi esclusivamente alla cura del figlio, bisognevole di assistenza in ragione della gravità della riportata lesione.
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