
Scoperto il fatto, Tizio chiede l’immediata rettifica della segnalazione – che viene fatta dalla Banca – e chiede altresì congruo risarcimento del danno derivante dalla lesione della sua reputazione commerciale. Non trovando l’accordo transattivo, Tizio cita in giudizio la Banca presso il Tribunale di Agrigento, sezione distaccata di Licata. Detto Tribunale, con la sentenza 16 novembre 2009, n. 393 rigetta la domanda risarcitoria evidenziando come non fosse provato il dolo della Banca nel compimento dell’atto di danneggiamento.
Il Tribunale di Agrigento sembrerebbe, dunque, ragionare con categorie penalistiche in ambito civilistico: è infatti pur vero che il reato di danneggiamento (di cui all’art. 635 del codice penale) è previsto esclusivamente nella forma dolosa, escludendo la possibilità di una sanzione penale in caso di danneggiamento colposo. Sul piano civilistico, invece, la colpa assurge a parametro principe di imputazione di responsabilità e della conseguenze assunzione del costo (anche sociale) del relativo danno procurato: non è dunque compito del giudice spingersi fino a richiedere una prova di dolo (francamente diabolica) nel comportamento dell’istituto bancario che segnala un situazione differente rispetto al dato reale. Ed anzi, poiché nel caso di specie rileva senz’altro art. 2043 del codice civile – che sanziona comportamenti colposi extracontrattuali – ma rileva altresì il rapporto contrattuale instaurato ai fini dell’accessione del mutuo, ben potrebbe essere argomentato che il comportamento dell’istituto di credito possa rientrare in un obbligo accessorio al contratto di finanziamento, con il conseguente inquadramento della fattispecie all’interno di categorie di natura contrattuale (cui segue la disciplina probatoria della responsabilità di tipo contrattuale che è oggettivamente di maggior favore) anche per quanto riguarda l’errata segnalazione ad EURISC.
L’epilogo della vicenda è positivo: l’evidente errore del Tribunale di Agrigento è stato correttamente emendato da parte del giudice di legittimità, che ha ritenuto il ricorso per saltum di Tizio “manifestamente fondato” proprio in virtù della circostanza che “ai fini dell’eventuale affermazione di responsabilità della banca sarebbe stata sufficiente l’esistenza di un comportamento colposo, e non necessariamente doloso”.