C’è un punto oltre il quale il silenzio diventa complicità e gli attacchi assurde minacce. E quel punto, davanti allo schifo morale che emerge dal cosiddetto “sistema Signorini ed effetti”, è stato superato da tempo.
Non parlo di persone, non emetto sentenze, in attesa di verità e giustizia. Parlo di un meccanismo che puzza di marcio, di un modello di potere che trasforma i sogni in merce, la visibilità in ricatto, la speranza in strumento di controllo e la ricerca della verità in minacce e ritorsioni.
Il caso che coinvolge Alfonso Signorini e le accuse lanciate da Fabrizio Corona non possono essere liquidati come rissa da social o guerra tra ego.
Sarebbe l’ennesima operazione di disinfestazione mediatica, utile solo a coprire le macerie. Qui c’è molto di più: c’è un sistema che, se confermato dai fatti, umilia la dignità delle persone e avvelena il rapporto tra televisione e società.
Se anche in parte confermato, il cosiddetto Sistema è un triste esempio di spietata violenza sugli uomini e palese discriminazione perché, con vittime rosa, sarebbe accaduto il contrario.
Dietro le luci abbaglianti dei reality, concorsi e spettacoli, dietro il sorriso di chi promette “occasioni”, si intravede una asimmetria di potere feroce. Da una parte chi decide chi entra e chi resta fuori, chi vive e chi scompare tutto in barba alle regole e principi di buona fede, correttezza e trasparenza. Dall’altra ragazzi e uomini – sì, uomini – spesso giovani, spesso soli, spesso pronti a tutto pur di non tornare invisibili. In mezzo, zone grigie, relazioni opache, criteri non dichiarati, confini etici cancellati.
Questo non è spettacolo. È predazione, è violenza, non diversa dalla violenza della politica e della burocrazia .
Non è intrattenimento. È condizionamento.
Non è libertà. È vomito di sistema.
Se davvero qualcuno ha usato il proprio ruolo per scambiare opportunità con favori, se davvero la selezione è diventata un mercato di corpi e silenzi, allora non siamo davanti a “storie piccanti”. Siamo davanti a reati, a violazioni dei diritti fondamentali, a una violenza invisibile che colpisce soprattutto chi non ha voce. E qui sta l’ipocrisia più grande: quando le vittime sono uomini, quando sono ragazzi, non fa notizia. Non indigna. Non mobilita. Si minimizza. Si ride. Si volta pagina.
Io no. Io non ci sto.
La televisione non è una terra franca. È un servizio che incide sulle vite, orienta desideri, plasma immaginari. Le regole di trasparenza e correttezza valgono prima delle telecamere, non solo durante la messa in onda. Se il casting diventa un imbuto di potere, allora l’intero edificio perde legittimità. E se cade la legittimità, cade la fiducia. Senza fiducia, resta solo il tanfo.
Per questo ho chiesto – e chiederò fino in fondo – accertamenti veri, non processi mediatici. Per questo nasce l’appello a chi ha taciuto per paura, vergogna, ricatto. Nessuno è solo. La violenza non ha sesso, non ha volto unico, non ha palinsesto. È violenza e basta.
Se le accuse troveranno riscontri, non cadrà un soggetto o un gruppo. Cadrà un sistema. Ed è giusto che cada e si alzi la giustizia, perché ciò che si regge sullo sfruttamento dei sogni non è intrattenimento: è discarica morale e fiera del male.
Io sto dalla parte delle vittime. Sempre.
E continuerò a dirlo, anche quando fa vomitare chi preferisce che tutto resti com’è.
Angelo Pisani
Avvocato – Founder 1523.it
Nessuno è solo

