
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione VI penale, nella sentenza del 19 dicembre 2011 – 10 gennaio 2012, n. 212.
Il caso in esame riguardava una dipendente in servizio presso l’Ufficio Legale di un ospedale, accusata di essersi procurata ingiusto profitto ai danni dell’ASL in quanto aveva più volte inserito il cartellino nell’apposita apparecchiatura, timbrandolo sia in entrata che in uscita, in un luogo diverso da quello in cui svolgeva il proprio lavoro.
Il G.I.P. aveva ritenuto che il requisito dell’apprezzabilità economica del danno fosse assente, condividendo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui integra il reato di truffa la condotta del pubblico ufficiale che si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino e della scheda magnetica, i periodi di assenza, purché tale condotta produca un danno economicamente rilevante, contemplato dal codice penale (articolo 640 del cp) quale requisito per l’integrazione del reato di truffa.
Nella fattispecie in oggetto, la Suprema Corte ha ritenuto che il Giudice di prime cure avesse spiegato in modo adeguato le ragioni delle poco significative probabilità di successo dell’ipotesi accusatoria nel giudizio dibattimentale, specificando in modo analitico gli elementi pertinenti a tal fine. Inoltre, i giudici di Piazza Cavour hanno puntualizzato che la motivazione della sentenza impugnata non è sindacabile in sede di controllo di legittimità, soprattutto perché nell’atto proposto, l’interessata si è limitata a sollecitare il riesame del merito, mediante la rilettura del materiale probatorio.
Pertanto, il ricorso è stato rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giustizia.
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