La Rete Stop Biocidio pubblica un manifesto nel quale “detta la linea” sui metodi per affrontare i roghi di rifiuti tossici che stanno avvelenando, a Scampia, gli ultimi tra gli ultimi, cominciando proprio dalle popolazioni nomadi che sopravvivono nel campo Rom di via Cupa Perillo. Giusto naturalmente che i movimenti presenti sul territorio dicano la loro, avanzino critiche o suggerimenti. Però nel caso di questo manifesto – e, più in generale, per quanto riguarda il tipo di movimentismo del quale parliamo – manca la capacità non solo di affrontare, ma anche solo di indicare le attività operative indispensabili per fermare la piaga del quotidiano avvelenamento. Tutto si risolve, nel manifesto, in una generica, vetusta contrapposizione fra destra e sinistra, categorie ampiamente inghiottite dalla storia nei luoghi in cui è in gioco la sopravvivenza delle popolazioni, e sostituite dalla comune ricerca di soluzioni: quanto più possibile condivise ma, prima di tutto, efficaci.
Non c’è tempo, insomma, per soffermarsi sulle superate diatribe tra diverse visioni del mondo, quando quel mondo sta già franando sotto i nostri occhi.
Mi rendo conto che per alcuni esponenti del movimentismo nato negli anni’80 e proseguito sotto forma di “antagonismo a prescindere”, contrapporre letture storiche della realtà resta probabilmente l’unica ragione della loro stessa esistenza, visto che sul piano dei risultati concreti non si è mai andati al di là di una compassionevole, quanto “laica”, pratica di tipo culturale, incapace perciò anche solo di immaginare le strategie di governo all’interno di territori in stato di emergenza permanente. Ribadisco però che non è piantando la propria bandiera su quei campi di dolore che si possano ottenere risultati, non è vivendo di contributi alle associazioni che si offre un sostegno concreto a chi sta perdendo la forza di resistere, dentro e fuori il campo Rom.
La popolazione di Scampia non proviene da una tradizione borghese come quella di Tor Sapienza, ma da una lunga storia di lotta per affermare la propria dignità. E proprio per questo ha già dato ampie prove di tolleranza, impartendo all’Italia intera lezioni di civiltà.
Questo però non deve significare che in nome di presunti approcci ideologici debba venir meno quella solidarietà sul territorio fra istituzioni locali, movimenti e associazioni che può contribuire a difendere i beni comuni. Come testimoniano le tante associazioni che collaborano in maniera attiva con la Municipalità dall’inizio di questa legislatura e anche da prima.
Il modello è quello della “Stanza di Alice” (foto in basso), la terra di mezzo appena inaugurata al Commissariato di Scampia dove trovano posto madri e figli vittime di violenza. Un’operazione congiunta tra la Questura di Napoli, il Commissariato di Scampia, la Municipalità ed alcune associazioni fra le più sensibili ed operative del nostro territorio.Battersi per il rispetto della legalità è prima di tutto questo: trovarsi insieme al fianco di chi ha più bisogno. Senza ricorrere ad inutili “antagonismi”. E senza guardare al colore politico o alla nazionalità.
Angelo Pisani